Al Potter e il Mistero del Lago Nero _ RE:boot

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  1. Wynn-chan
     
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    I'm baaaaack!
    Posto e basta, che son di fretta!
    Prossimamente la cover (forse) e la scheda personaggio...

    Capitolo IX - Puzzle

    Nei suoi ricordi, l'infanzia era quel periodo in cui l'irrazionalità delle persone faceva più male. Essere bambini non vuol dire essere ciechi o sordi. Essere bambini non significava essere stupidi. Ciò nonostante, le persone che la circondavano davano per scontato che lei non avrebbe capito nulla di ciò che stavano dicendo e la lasciavano sola, in un angolo, con l'angoscia dell'essere tenuta all'oscuro.
    Quando era piccola aveva una gatta di nome Enki. Era una gatta rossa e molto vecchia e Hope soffrì molto quando morì. Aveva capito cos'era successo, aveva capito che non avrebbe mai più visto la gatta, ma quello che non capiva era l'atteggiamento dei suoi genitori. "Andrà tutto bene, tesoro. Non è successo nulla di grave... " diceva sua madre, nel tentativo di consolarla. "C'è bisogno di piangere? Prima o poi sarebbe successo... " diceva indifferente suo padre. Il giorno dopo le comprarono un cagnolino di nome Tobias. "Così non sarai più sola" aveva detto la madre. Hope non si affezionò mai davvero a Tobias. Provò sempre una gran pena per quel cane che era stato preso solo come "rimpiazzo" per qualcuno che non c'era più. E per questo rimase arrabbiata coi suoi per un bel po'. Non erano stati in grado di capire quanto fosse importante e unica Enki per lei. Di questa sua rabbia non se ne accorsero, chiaramente. Erano così presi da loro stessi. Sua madre era una donna che si divideva tra la casa e le amiche, tenendo le due sfere ben distinte. Non poteva uscire di casa senza aver curato abbastanza il suo aspetto e indossava sempre una maschera. Una maschera che forse nascondeva altre maschere.
    Suo padre era più interessato al lavoro che alla propria vita. Talvolta pareva dimenticarsi della mogie e della figlia e si comportava come se esistesse solo lui al mondo.
    La casa in cui trascorse la sua infanzia non conservava alcuna traccia del passaggio della piccola Hope. Era una casa fredda e ordinata.
    Ma nell'infanzia di Hope vi era anche un'altra casa. Una casa nascosta, caotica e piena di gioia. Era una casetta in legno, non tanto grande in cui vivevano solo due persone. Due persone un po' strane, un po' fuori dal comune: un bambino e un omino di mezz'età.
    Il bambino era di qualche anno più grande di lei e si chiamava Ethan. I suoi genitori erano morti subito dopo la sua nascità, gli disse la prima volta che si incontrarono. Al villaggio girava voce che quando il padre aveva saputo del bambino fosse scappato e la madre l'avesse abbandonato. Tutte frottole, ovviamente, ma anche i genitori di Hope vollero crederci. D'altra parte ai loro occhi un bambino così strano come Ethan non avrebbe potuto avere un passato normale. Lo sguardo di Ethan era sempre teso verso un punto indistinto all'orizzonte e talvolta pareva più grande di quanto realmente fosse. Non parlava molto, ma era bravissimo a disegnare e a dipingere. Quello era il suo modo di comunicare i suoi sentimenti e le sue idee.
    Ethan era cresciuto con il "Nonnino", un vecchio signore dalla corporatura minuta e l'aria benevola. Il Nonnino era un uomo molto intelligente e colto. Citava spesso autori che Hope non aveva mai sentito e conosceva molte storie affascinanti.
    In quella casa di legno, immersi nell'odore della tempera che Ethan usava per dipingere le scene delle storie che il Nonnino raccontava, il tempo pareva fermarsi e Hope si sentiva veramente se stessa.
    Durò il tempo di un estate, ma il tempo passato insieme a quell'insolito duo era tra i suoi ricordi più cari.
    Se pensava alla parola “casa” erano quelli i ricordi che per primi venivano a bussare alla porta della sua mente.
    Non ricordava il cognome del bambino e nemmeno il vero nome del Nonnino, ma ricordava il calore e l'affetto che emanavano. In qualche modo, quel calore l'aveva aiutata ad andare avanti.
    "Se ci sono incontri, ci saranno anche delle separazioni" aveva detto il Nonnino, l'ultima volta che l'aveva visto. Aveva appena rivelato a lui e a Ethan che si sarebbe trasferita in un paese più grande per esigenze di lavoro di suo padre.
    Queste parole le tornarono in mente, mentre siedeva quella casa chiamata Tana che tanto le ricordava quel rifugio in legno della sua infanzia. Nonostante gli anni, si disse, non ho ancora imparato come dire addio con un sorriso.
    Aveva pianto quando aveva saputo del trasferimento. Non voleva dire addio a quella casa di legno vecchio e ai suoi abitanti. Non era pronta per farlo e non voleva farlo. Ma lei, o la sua volontà, non avevan alcuna voce in capitolo.
    Nella nuova città sua madre decise di cambiare maschera e, come per imitare un modello, forse preso da una delle sue amate soap opera, divenne una madre "apprensiva".
    Voleva sapere tutto di sua figlia e di coloro che la circondavano. Dopotutto ai suoi occhi il trasloco era una grande opportunità per far sì che sua figlia si facesse amici "migliori".
    Quello in cui andarono a vivere era un paese abbastanza grande e pieno di negozi e vetrine. E la vetrina più grande era la scuola. Molte ragazze seguivano la moda come cagnolini scodinzolanti e Hope, che aveva sempre evitato cose del genere, si ritrovò nuovamente isolata.
    "Non puoi passare tutto il tempo da sola sui libri! Devi uscire un po' con le tue amiche! " la rimproverava sua madre. Ai suoi occhi, Hope era ancora una bambina per cui valeva il mis-concetto che compagne di classe e amiche sono sinonimi.
    "Ma non abbiamo nulla in comune" replicava la "bambina" che aveva ormai compiuto tredici anni.
    "Perché non ti vuoi informare! Stai sempre lì chiusa in casa! Esci e vai a prenderti qualche vestitino all'ultima moda! Non puoi pretendere che siano gli altri a fare il primo passo!"
    Hope non pretendeva nulla. Sapeva perfettamente che per quanto sua madre cercasse di convincerla a fare un "compromesso", non ci sarebbe mai stato nulla del genere. Se anche si fosse interessata alla moda e alle altre cose che piacevano alle altre ragazze, loro non avrebbero mai mostrato il minimo interesse in ciò che interessava a lei. Non voleva vivere fingendo di qualcuno che non era. Non voleva essere falsa come sua madre. Quelle ragazze erano diverse da lei e questo le andava bene. "Essere diversi, significa anche essere unici, no?" le aveva detto una volta Ethan.
    In tutta questa storia, suo padre non era mai stato presente. Certo, di tanto in tanto, gli veniva voglia di vedere questo o quell'altro parente e allora la famiglia doveva andare in trasferta a casa di un completo estraneo, ma a parte questo, era come se la sua vita non facesse parte dell'esistenza della figlia, così come quella della figlia non faceva parte della sua.
    Passava il suo tempo leggendo e immergendosi in ogni genere di storia. O quasi. La sua passione per la lettura non poteva passare inosservata e perciò la madre pensò bene di sfruttarla. Per il suo quindicesimo compleanno gli comprò un libro. "Ami tanto leggere e questo libro pare che sia un grande successo, sai... ". Hope non si sentì di contraddirla, ma già aveva sentito parlare di quel libro: il successo era dovuto al fatto che la descrizione di alcune scene era alquanto piccante e realistica. La superficialità della madre era stata di pensare che la figlia amasse il libri, incondizionatamente e indipendentemente dal contenuto. Non vi era vera e propria malizia nel regalo, quanto piuttosto irrazionalità. Il libro venne donato in segreto alla biblioteca più vicina.
    Non appena ebbe l'età e l'occasione Hope lasciò quel luogo che portava solo il nome di casa.
    Tornò al villaggio in cui aveva trascorso la magica estate ma ormai non era rimasto nulla. La vecchia casa in legno era stata abbattuta per costruire un albergo e l'incanto della natura era stata spezzato da grigi grattacieli. In quel posto non c'era più nessun luogo che potesse esserle in qualche modo familiare. Fu con questo che la sua infanzia e la sua adolescenza vennero violentemente concluse.
    Si trasferì a Londra dove trovò lavoro come correttrice di bozze per un piccolo giornale locale. Qui incontrò il vecchio Amos. Quel vecchio dall'aria triste, per certi versi, le ricordava il Nonnino. Entrambi l'avevano aiutata in un momento di bisogno.
    Perdere Amos era stato come perdere nuovamente un luogo da chiamare casa. E come la prima volta era una cosa a cui non era pronta.
    Era di nuovo sola.
    - Ne vuoi un'altra tazza? -. La voce della donna la riportò alla realtà. A quella realtà che aveva appena appreso essere vera.
    La magia esiste davvero. Chissà se anche le favole che narrava il Nonnino erano vere...
    - No, grazie, ehm... - rispose Hope, sorridendo timidamente alla padrona di casa.
    - Chiamami Molly. Quanti anni hai, cara? -
    - Ventisette... - disse cauta la giovane. In quel sito accennava anche al fatto che nel caso dei Babbani venissero a conoscenza del Mondo Magico, la loro memoria sarebbe stata manipolata per cancellare ogni traccia dell'esistenza della magia. E non voleva rischiare di tradirsi.
    - Sembri più giovane... in che Casa eri ad Hogwarts? -
    Con le informazioni in suo possesso si creò una falsa identità. - Ero una Corvonero... -
    - Davvero. Allora immagino che tu sia molto intelligente... tutta la nostra famiglia è composta da Grifondoro -. Molly iniziò a parlare con naturalezza del suo passato e Hope ascoltò e soppesò ogni frase attentamente. Evidentemente, la padrona di casa non aveva mai nemmeno dubitato del fatto che la giovane donna che le stava di fronte fosse una strega. Sfruttando questo dettaglio, non fu difficile creare una falsa identità, sfruttando le informazioni prese dal sito. Avendo già dichiarato il nome, pensò di nascondere per lo meno il cognome, usando quello di una sua vecchia compagna di corso.
    La farsa continuò per il resto del pomeriggio e quando lasciò la Tana, nessuno dei presenti avrebbe mai detto che “Hope Folegar”, brillante studentessa di Corvonero, fosse in realtà una Babbana.
    Forse ho preso l'abilità di ingannare il prossimo da mia madre, ridacchiò tra sé e sé.

    - Per entrare nel Reparto Proibito, abbiamo bisogno dell'autorizzazione di un professore, vero? - chiese conferma Rose.
    Victorie annuì.
    - Ma a chi possiamo chiedere senza destare sospetti? - chiese Scorpius.
    - Di certo non al finto Professore... - disse Fred.
    - Su questo siamo tutti d'accordo. Escluderei anche il Professor Rund: anche se non si direbbe, ha un fiuto fin troppo buono. Forse si potrebbe convincere Hagrid a dire qualcosa, ma sia lui che Neville sono in contatto con i nostri genitori e quindi non vorrei che “spifferassero” tutto a loro... -
    - … con il rischio di farli preoccupare inutilmente - concluse Derek.
    - Dite che accettano l'autorizzazione della Cooman? - azzardò Fred.
    - Non mi va di coinvolgere anche Dick per ottenere un'autorizzazione che potremmo ottenere in altro modo... - bocciò la proposta James.
    - Potremmo provare a chiedere alla Professoressa Fhen. Non penso che farebbe troppe storie... - propose Al.
    - Non è una brutta idea. - concordò Victorie. - La Professoressa Fhen è sempre disponibile, ma avremmo bisogno di una scusa... -
    - Idea banale: ricerca scolastica? - lanciò Louis.
    - Per quale anno? - volle sapere Molly.
    - Visto che la ricerca è partita da James, direi terzo... - evidenziò Rose.
    - Ma del terzo anno ci siamo solo io e Derek. Meglio dire che è per il primo anno, più siete e prima potrete trovare informazioni - si oppose il cugino.
    - D'accordo, ma una ricerca su quale argomento? - chiese Al.
    - Storia della magia? Il Professor Ruf ce ne ha appena assegnata una nuova ti ricordo... - rispose Molly.
    - Non vi preoccupate, il Professor Ruf negli ultimi tempi sta dando sempre delle ricerche da fare, quindi è la scusa più realistica - li rassicurò Fred.
    - E quando dice “negli ultimi tempi”, intende dire “nell'ultimo decennio” o giù di lì... - spiegò Victorie. - Ma a tal proposito, non stiamo tralasciando un particolare? -
    Tutti i presenti si voltarono con aria confusa. - A cosa ti riferisci, sis? -
    - Se non sbaglio le persone sospette in questa scuola sono due... - cercò di spiegarsi la ragazza. - Al momento non sappiamo nulla di Jack Red, ma mi è rimasto un dubbio... cos'è successo al Professor Fendrick che occupava la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure prima di lui? -
    I presenti si guardarono a vicenda, ma nessuno sembrava avere in mente un idea precisa della risposta.
    - Come immaginavo, nessuno di noi ne sa qualcosa. A tal proposito proponevo di dividerci. Io, Fred, James, Derek e Lin cercheremo informazioni su quanto accaduto a Robert Fendrick, mentre voi cercherete di entrare nel Reparto Proibito per trovare informazioni sul preside. Tanto n ogni caso, noi quattro non saremmo potuti venire con voi e Lin non frequenta le lezioni di Ruf con Grifondoro - propose a tal punto Victorie.
    E così il gruppo decise di procedere con il piano.
    Ad Halloween mancavano cinque giorni e fissarono quella data come scadenza per le ricerche.

    Teddy Lupin sbuffò.
    Quando aveva fatto domanda per il dipartimento di Uso Improprio della Magia, non immaginava che lasciassero così tanto lavoro nelle mani di una matricola come lui.
    All'inizio la cosa non gli pesava, ma ultimamente cominciava a stufarsi. E non era solo la vista di alcuni suoi colleghi scansafatiche a disturbarlo.
    I casi che gli erano capitati fino a quella settimana prima erano casi noiosi, ma relativamente semplici. Ma ora si trovava a fare i conti con un Caso con la “C” maiuscola, perché avevano affibbiato alla sua “squadra” l'incarico di scoprire l'identità della persona che si celava dietro ad un sito che di recente aveva cominciato a sbandierare ai quattro venti l'esistenza del Mondo Magico. “The Magic Around Us” era diventato il suo incubo di notte, quanto di giorno. “Voi giovani ve la cavate meglio di noi con queste diavolerie elettroniche Babbane!” gli aveva detto il suo capo quando gli aveva affidato l'incarico.
    Sapeva che l'ordine veniva dai piani alti e, fortunatamente, il Capo Dipartimento si era interessata di persona al caso, offrendosi disponibile ad aiutarli. Ma la faccenda sembrava sempre più ingarbugliata.
    Creando diversi account falsi, avevano più volte cercato di capire qualcosa sull'autore del blog, ma senza risultati. D'altra parte, non potevano muoversi in piena libertà: non potevano lasciar trapelare informazioni o farsi scoprire.
    In tutta questa confusione, riusciva a stento a mantenere la corrispondenza con Victorie e questo lo rendeva ancora più triste.
    Se c'era una persona in grado di tirarlo su di morale nei momenti più duri, era lei. Con il suo sangue freddo e la sua determinazione, Vì lo aveva sempre sostenuto, sia ad Hogwarts, sia quando aveva iniziato a lavorare per il Ministero.
    Non poterla sentire quanto voleva lo rendeva più fiacco del solito.
    - Speriamo che stia bene... - mormorò, mentre riprendeva le sue ricerche.

    Come Al sospettava, trovò l'insegnante di Volo ad osservare il campo di Quidditch, mentre la squadra di Corvonero si metteva in posizione.
    Su gli spalti c'erano alcuni ragazzi della casa di Corvonero curiosi.
    In un angolo, in disparte, c'era Emi, concentrata più sul campo che su quanto le stesse attorno.
    - Oh, Albus! Tutto bene con la squadra? Sono impaziente di vedere il vostro allenamento domani! - esclamò energica Greshia Fhen, vedendo il gruppetto avvicinarsi.
    - Sì, con la squadra va tutto bene... ma... ecco, il punto è che il Professor Ruf ci ha assegnato una ricerca per dopodomani e... l'argomento che stiamo trattando pare che riguardi un periodo storico che ho sentito essere ben trattato in un libro della Reparto Proibito... beh, visto che domani ho l'allenamento, ho solo oggi per stendere la relazione o non potrò preparare niente... e volevo chiederle... -
    - Un permesso, giusto? Per me non sarebbe un problema, fornirti un permesso, Albus... ma cinque permessi sono un po' tanti e non vedo il bisogno di ricorrere ad un libro che si trova nel Reparto Proibito, quando probabilmente non ce n'è bisogno... -
    Al si morse il labbro. La professoressa Fhen non aveva tutti i torti. Un conto era un permesso, un conto erano cinque permessi per un gruppo decisamente sospetto.
    Vide che Rose stava per dire qualcosa a riguardo, quando la voce di Emi interruppe la conversazione.
    - Giù! -
    Fu un attimo. In un attimo il gruppo, non sapendo a chi esattamente fosse rivolto l'avvertimento si abbassò. Un attimo di ritardo e probabilmente Molly si sarebbe presa un bolide in faccia.
    - Scusate! La nostra nuova battitrice di riserva deve ancora prenderci la mano... - si scusò un ragazzo alto e robusto dal campo, mentre una minuta ragazza dai capelli biondo fragola cercava di nascondersi dietro alle sue spalle.
    - Per un pelo - sospirò Molly. - Ho avuto la conferma che il Quidditch è uno sport pericoloso -
    - Se ti avesse appena sentito mia sorella, avresti corso un rischio ben più grosso, credimi... - la avvertì Louis.
    - Fortuna che sei tutta intera, Molly. Quella ragazza è un pericolo pubblico... sarà meglio fare un Incantesimo Barriera preventivo al campo... - borbottò piano Greshia, mentre il bolide tornava nel perimetro di campo.
    - Anche oggi a vedere gli allenamenti? - chiese nel frattempo Emi ad Al.
    - Ehm... no... ecco... -. Non sapeva cosa dire. Serpeverde aveva le lezioni di Storia della Magia condivise con Grifondoro, quindi Emi sapeva perfettamente che Ruf non aveva assegnato alcuna ricerca particolarmente difficile.
    - Albus stava chiedendo di ottenere un permesso per accedere al Reparto Proibito della biblioteca per fare la ricerca di Storia della Magia... -
    I cinque Grifondoro erano tesi come corde di violino. Al pregò che la ragazza stesse al gioco...
    - Cavoli è vero che la ricerca di Storia della Magia è a gruppi! - esclamò Emi, colpendosi la fronte. Lanciò un'occhiata al quintetto e annuì. - Me ero quasi dimenticata, devo sbrigarmi a trovare dei compagni disponibili! Anche perché da quel che ho capito, il Professor Ruf darà un bel po' di Punti Casa alle squadre che porteranno la ricerca più elaborata! -
    - Beh, direi che potresti unirti a loro cinque, se non fosse che siete in Case diverse... - commentò l'insegnante. - In ogni caso, se si tratta di una competizione, allora non posso far altro che incitarvi a fare del vostro meglio... aspettate che faccio un permesso per tutti quanti. Anche per Emi, visto che sembra essere un po' in difficoltà... - disse infine, estraendo rapidamente dal mantello una Penna Autoinchiostrante e un paio di fogli.
    - La ringrazio, Professoressa... - sorrise la ragazza di Serpeverde.
    Gli altri cinque si lanciarono un paio di occhiate che sembravano riassumere i loro pensieri.
    Siamo sicuri che con lei in giro non ci siano problemi?, sembrava chiedere Molly.
    Se non facciamo nulla di troppo sospetto, credo che non ci saranno problemi, sembrò rassicurarla Rose.
    L'importante è che adesso abbiamo il permesso, parve affermare Al.
    Ehm, credo che stiano aspettando che diciamo qualcosa, cercò di far notar loro Scorpius. La Professoressa Fhen stava infatti porgendo loro i cinque fogli con uno sguardo indagatore.
    Louis si schiarì la gola. - La ringraziamo profondamente, Professoressa... -
    Si beccò una gomitata da Molly. Profondamente, eh..., sembrò voler ripetere la cugina, ridacchiando sotto i baffi.
    - Buona fortuna, ragazzi... - replicò la docente, corrugando la fronte, come se non fosse del tutto convinta di quel che stesse facendo.

    Non appena varcò la porta dell'appartamento, Hope udì il dolce miagolio della gatta rossa a salutarla. Sorrise lievemente e si sedette sulla sedia più vicina. Fece un paio di respiri profondi.
    Poi si alzò, riempì le due ciotole di Enki e prese un blocco per gli appunti. Cerco una pagina vuota da cui partire.
    Per prima cosa doveva fare ordine nelle cose che sapeva. Doveva ordinare tutto ciò che sapeva o che era convinta di sapere e poi tracciare una linea che determinasse quanto fosse vero e quanto no.
    La magia non esiste. Falso.
    Il signor Amos era un mago. Vero.
    I maghi sono tra noi. Vero.
    Creature magiche come Fenici o Grifoni sono frutto dell'immaginazione. Falso.
    La magia deve sottostare a delle leggi che la regolano. Vero.
    I maghi hanno solitamente bisogno di una bacchetta per fare incantesimi. Vero.
    I maghi non vogliono che coloro che non sanno usare la magia, i Babbani, sappiano della sua esistenza. Vero.
    I Babbani che scoprono l'esistenza della Magia devono essere sottoposti ad una cancellazione dei ricordi ad essa legati. Pericolosamente vero.
    Lei sa della Magia. Vero.
    Lei è in pericolo. Vero.
    Loro sanno che lei sa. Falso?
    Cosa non sa? Non è in grado di tracciare oltre la linea. Ci sono ancora tante cose che rimangono circondate da un enorme punto interrogativo, constatò infine Hope.
    E a quel punto, si chiese come avrebbe dovuto comportarsi. Avrebbe potuto archiviare l'intera faccenda, fingere di non sapere nulla – che in fin dei conti non era poi del tutto falso, visto che non riusciva a tracciare ulteriormente un linea distinta tra verità e incertezza – e tornare alla vita di sempre. Una vita senza il vecchio Amos, ma lo sarebbe stata indipendentemente da quale decisione avrebbe preso.
    In tal modo nessuno avrebbe potuto sapere di lei e non le avrebbero cancellato la memoria. Non che ci fosse molto da cancellare, a ben vedere. Ed era qui che l'altra opzione obiettava. Era giusto mantenere la magia un segreto? Certo, la storia si è sempre dimostrata crudele nei confronti di coloro che venivano considerati streghe o maghi, perseguitandoli e mandando al rogo tanti innocenti. Ma le cose non erano più come un tempo, no? Una parte di lei, quella che provava fiducia nel progresso dell'animo umano, si disse che le cose erano diverse ora.
    E ancora si chiese come la rivelazione della magia avrebbe potuto influenzare la società contemporanea. Invenzioni da libri di fantascienza come macchine volanti o warp per il teletrasporto sarebbero potute esistere grazie all'ausilio della magia?
    Ma per quanto si sforzasse, doveva ammettere che suonava improbabile un simile scenario. Per una persona comune, un Babbano, si corresse, era più plausibile credere a qualcosa di incomprensibile ma nuovo che a qualcosa di già noto come impossibile. Sarebbe stato più facile convincere qualcuno dell'esistenza di più linee temporali che spingerlo ad accettare che la magia esistesse. Ammesso, certo, che non se la trovasse sotto gli occhi, come era effettivamente successo a lei.
    Per quanto ci pensasse, l'idea di essere tenuta all'oscuro di qualcosa risvegliava la sua intensa sete di conoscenza. E nonostante tutto, i pezzi del puzzle a sua disposizione erano infinitamente pochi.
    Sapeva chi poteva fornirgliene degli altri, ma non aveva idea di come avrebbe potuto convincere quella persona a condividere le informazioni in suo possesso.
    L'amministratore del blog “The Magic Around Us”, I, era pienamente consapevole del fatto che se l'avessero beccato gli avrebbero cancellato la memoria, quindi non sarebbe stato facile mettersi in contatto diretto.
    Ma per vederci chiaro, Hope aveva bisogno di scambiare un paio di parole con quella persona.
    Doveva trovare un modo per parlarci di persona, faccia a faccia.

    Note varie... prossimamente?
     
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71 replies since 18/7/2014, 17:39   1722 views
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